The Pritzker Architecture Prize 2017 assegnato allo studio spagnolo RCR Arquitectes: I “neo-pritzker” meno archistar della storia.
Tokyo – Oggi si celebra la cerimonia per l’assegnazione del Premio Pritzker 2017 (www.pritzkerprize.com) e, per la prima volta, il “Nobel per l’architettura” è stato attributo a un terzetto di architetti catalani – Rafael Aranda, Carme Pigem e Ramon Vilalta, dello studio RCR Arquitectes.
La storia e la filosofia
Nel 1988, nella piccola cittadina di Olot in Catalunya, i tre architetti fondarono lo studio RCR Arquitectes (www.rcrarquitectes.es). Da allora si sono occupati soprattutto della realizzazione e del restauro di edifici nella zona dei pirenei, con la caratteristica principale di inserire le loro opere all’interno del paesaggio, scegliendone accuratamente i materiali da costruzione e la posizione.
La loro filosofia affonda le radici nell’identità locale e nell’universo di creatività condivisa (Universo de la creatividad compartida) come sottolinea Tom Pritzker – Presidente della fondazione che concede l’onorificenza dal 1979 alle opere dei migliori architetti viventi. Il lavoro di Aranda, Pigem e Vialta “varia da spazi pubblici e privati a istituti culturali e scolastici, cercando in ogni progetto le connessioni tra esterno e interno tra lo spazio e il tempo creando un ambiente unico che porti come risultato finale un’architettura esperienziale ed emozionale”.
Alcuni significativi progetti
Fra i progetti più emblematici annoveriamo la pista di atletica di Tossol-Basil Athletics Track (Olot, Spagna, 2000), quasi invisibile, circondata dalla foreste e con gli spalti coperti d’erba e immersi tra gli alberi, Il Senior Citizen’s Center and Cándida Pérez Gardens e la Sant Antoni – Joan Oliver Library (Barcelona, Spagna, 2007), la Cantina Bell–Lloc (Palamós, Spagna, 2007) situata sulla costa non lontano da Girona. L’edificio, utilizzato per conservare vini di un’azienda locale, è interrato e quasi invisibile dall’esterno. Per raggiungere le celle del vino bisogna attraversare un percorso coperto da una lamiera di metallo ondulata, interrotto da feritoie che lasciano entrare fasci di luce.
Tra gli altri progetti realizzati ricordiamo Barberí Laboratory (Olot, Spagna, 2008), El Petit Comte Kindergarten in collaboration with J. Puigcorbé (Besalú, Spagna, 2010), Les Cols Restaurant Marquee (Olot, Girona, Spagna, 2011), lo spazio pubblico del Teatro La Lira in collaborazione con J. Puigcorbé (Ripoll, Spagna, 2011), la Row House (Olot, Spagna, 2012), il Soulages Museum in collaborazione con G. Trégouët (Rodez, Francia, 2014) e il Centro d’Arte La Cuisine Art Center (Nègrepelisse, Francia, 2014).
Intervista alla dott.ressa Sara di Resta
Le motivazioni appena lette sulla vittoria dello studio RCR Arquitectes richiedono inevitabilmente una riflessione su una nuova visione dell’architettura e per farci guidare abbiamo chiesto aiuto alla dottoressa Sara Di Resta, architetto, docente e ricercatrice presso lo IUAV a Venezia e autrice del libro “Le «forme» della conservazione. Intenzioni e prassi dell’architettura contemporanea per il restauro” Gangemi editore.
Notoriamente il premio Pritzker viene assegnato ad un singolo/a Architetto, in questo caso come dobbiamo interpretare questo “premio” come una nuova spinta ad un’architettura intesa come disciplina di collaborazione?
Non è frequente ma ci sono dei precedenti. I premi, tutti del XXI secolo, riconosciuti sia ad Herzog & de Meuron (2001) che a Kazuyo Sejima & Ryue Nishizawa (2010) sottolineano che la figura del progettista solitario faccia parte, da tempo, solo dell’immaginario di chi l’architettura non la pratica. Sempre più spesso un progetto d’architettura incarna una crasi armonica di saperi e di professionalità diverse che operano con spirito collaborativo mettendo al centro l’oggetto.
Ma c’è dell’altro. Il recente riconoscimento allo studio di Rafael Aranda, Carme Pigem e Ramón Vilalta racconta di una lunga formazione comune e di un investimento culturale che parte dalle aule universitarie per proseguire poi nel percorso professionale con impegno, difficoltà e dedizione. Con tenacia e successi accompagnati da poco clamore. Niente di più distante dalla figura di ‘archistar’ che ha qualificato personalità di spicco del panorama internazionale degli anni Novanta e Duemila. Forse anche questo è un segno dei tempi. La decrescita non è solo una scelta politica ed economica, ma un modo non urlato di concepire l’esistenza, anche nella sfera professionale.
Sempre più persone temono che a causa dell’influenza internazionale si perderanno i valori legati al territorio e alle arti locali. I lavori dello studio RCR Arquitectes, come abbiamo visto, variano da spazi pubblici, privati, culturali ed educativi, e sono eccellenti nella loro “capacità di relazionarsi intensamente con la specificità di ogni luogo”. Cosa ne pensa di questo linguaggio diretto con il territorio e le persone? L’architettura può facilitare e accelerare un ritorno all’identità locale anche nei piccoli centri abitati?
La globalizzazione è un dato che, in qualche misura, costituisce un presupposto necessario alla vita contemporanea e alle dinamiche che la sottendono. Ciononostante, i criteri che negli ultimi tempi incidono sull’assegnazione del premio Pritzker stanno rapidamente cambiando, fatto ben chiaro a partire dallo scorso anno con la vittoria di Alejandro Aravena.
L’attenzione dedicata alle specificità dei luoghi, alla dimensione del tempo, ma anche alle possibilità di riscatto sociale attraverso nuove forme dell’abitare, sembra riflettere la crisi che accompagna il XXI secolo che non deriva soltanto dall’incertezza economica ma, forse in egual misura, dalle difficoltà nel riconoscersi in un rassicurante e definito perimetro identitario.
Nei lavori condotti dallo studio RCR Arquitectes materiali e forme concepiti grazie alla produzione industriale coesistono con quelli del cantiere tradizionale all’interno di soluzioni inedite. Non sono però casi isolati. Oggi riconosciamo in diversi studi e in differenti ‘scuole’ percorsi caratterizzati da una forte idea di continuità con la storia e con le identità locali, ma governati da un elevato grado di innovazione che riverbera sia nelle scelte tecniche che di dettaglio. In Catalogna, penso al sofisticato progetto di Josep Miàs per la riqualificazione degli spazi pubblici del centro storico di Banyoles, in Italia alle operazioni colte condotte da Vincenzo Latina ed Emanuele Fidone a Siracusa.
Citando le parole de Le Corbusier “L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi l’Architettura è per commuovere”.
Cosa ne pensa dell’architettura invisibile come la “Cantina Bell–Lloc” può suscitare ugualmente emozioni oppure rimarrà l’esempio perfetto di come l’architettura possa volutamente non depauperare il paesaggio?
Su questo tema non sono del tutto concorde con il pensiero che Le Corbusier affida a “Verso una architettura”, forse il suo scritto più famoso. L’architettura è un fatto d’arte, ma lo è in quanto realtà costruita. È nella sapienza della realizzazione, nella perizia delle scelte, nell’idea che attraverso il cantiere diventa un luogo e un fatto che risiede la capacità di comunicare e di emozionare. Per dirla con Mies van der Rohe, è nella capacità di governare il dettaglio, non nel gesto eclatante spesso così legato alla contingenza da diventare ben presto obsoleto.
La cantina Bell-Lloc non è un gesto timido. È un taglio chirurgico, un innesto consapevole e pienamente contemporaneo che si inserisce, però, in continuità con le caratteristiche del territorio. Un intervento che non emerge per opposizione con il contesto ma per senso della misura, una operazione colta governata dalla sapienza del progetto.
Differentemente dall’idea di cantina portata avanti da Calatrava a Laguardia e ancor di più da quelle di Moneo ad Arinzano o di Konkrit Blu a Valladolid, solo per rimanere in Spagna, dove a prevalere è la plasticità del gesto, nell’intervento di Palamós è più chiara l’assonanza con le cantine Antinori dello studio Archea. Pur su maggiori dimensioni e desiderio di spettacolarità, quest’ultimo progetto si articola attorno a un doppio taglio che incide le colline di San Casciano Val di Pesa senza modificarle con nuovi volumi costruiti fuori terra.
Merito dello studio RCR Arquitectes è di aver saputo innovare inserendosi in un percorso di continuità con la storia e la memoria locale: il rispetto per il paesaggio, l’intervento ridotto all’essenziale e, come tale, difficilissimo da raggiungere. L’emozione risiede proprio nel percorrere questi spazi con un passo lento ma costante e nel riconoscersi proiettati in un futuro che, differentemente da quanto ci ha mostrato il XX secolo, non coincida necessariamente con una rottura con il passato.
Auspichiamo quindi che i numerosi studi architettonici del Belpaese sappiano leggere questo importante cambiamento nei sistemi di valutazione della giuria e riescano a riportare in patria l’ambito premio dopo quasi 20 anni.
La cerimonia di consegna del Premio avrà luogo il 20 maggio presso l’Akasaka Palace di Tokyo.Il Pritzker in passato è stato assegnato a nomi del calibro di Frank Gehry, Oscar Niemeyer, Norman Foster, Zaha Hadid, Jean Nouvel e Jørn Utzon. Gli italiani vincitori sono stati Aldo Rossi (1990) e Renzo Piano (1998).