Viktor Orban e le origini del nazionalismo in Ungheria

Il referendum sui migranti

Domani, 2 ottobre, si svolgerà in Ungheria il referendum che ha come oggetto il piano comunitario di ricollocazione dei migranti tra gli stati dell’Unione Europea. Questo il quesito referendario: “Volete che l’Unione Europea abbia il potere di introdurre permanentemente in Ungheria non ungheresi provenienti da Paesi terzi, senza il consenso del Parlamento?”. La quota di rifugiati destinata all’Ungheria è 1294. L’esito della consultazione appare scontato. Si profila, infatti, un’ampia vittoria del fronte del No che osteggia il piano e l’arrivo dei migranti nel paese magiaro. L’unica incognita è il raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto.

Manifesto xenofobo per il referendum in Ungheria
Manifesto xenofobo per il referendum in Ungheria

Il governo nazionale del controverso Viktor Orban ha fortemente investito in questa campagna capeggiando il fronte del rifiuto alla proposta europea. Si sono mischiati, in questa vigilia referendaria, toni xenofobi e nazionalistici di netta chiusura all’accoglienza del diverso. Si tratta di un indirizzo sempre più costante e in continua ascesa nello scenario ungherese. La recente costruzione del muro per fermare il cammino dei migranti al confine con la Serbia è un esempio di questa tendenza.

L’Ungheria di oggi

Il leader conservatore Orban, al potere dal 2010, è stato l’autore di una svolta liberticida e autoritaria. Il leader di governo ha impresso una decisa sterzata alla realtà politica del paese, intensificando una politica conservatrice, volta a rafforzare l’identità ungherese, e rafforzando quel sentimento di alterità e autonomia, da sempre avvertito dai magiari, rispetto ai propri vicini slavi. Ha riacceso l’irredentismo ungherese sostenendo i partiti delle minoranze magiare in Slovacchia e Romania. Conseguenza delle sue azioni politiche è l’isolamento ungherese a livello europeo. In questo senso è da leggere la sua critica all’Unione Europea e il suo progressivo avvicinamento alla Russia.

Viktor Orban
Viktor Orban

Lo scenario politico, dominato dal partito di Orban, Fidesz, membro del PPE, ha visto l’affermazione sempre più costante del partito di estrema destra Jobbik, “Movimento Per Un Ungheria Migliore”. Jobbik unisce a un carattere spiccatamente euroscettico un deciso spirito nazionalista con accenti xenofobi e antisemiti, connotati di neonazismo. In questo contesto è da sottolineare la crisi di consensi delle opposizioni e soprattutto del Partito Socialista, al governo fino al 2010. Il Partito del cane a due code, invece, è solito usare l’ironia per smorzare i toni della politica ungherese. Il Partito ha invitato gli elettori, con una campagna referendaria satirica, all’astensione.

Orban, ha, inoltre, varato delle riforme costituzionali, tese a ridurre la libertà di stampa e l’indipendenza della magistratura. Non mancano intimidazioni alla stampa contraria all’operato del governo. In questa situazione si trova in pericolo l’assetto democratico dell’Ungheria.

Hosok Tere

Una domanda sorge spontanea. Questa situazione è frutto di una congiuntura? O è invece il sintomo di una realtà più profonda, che ha radici lontane, ma ben stratificate nella società magiara? Se si ripercorre la storia ungherese si può giungere a una convincente risposta.

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Il Monumento del Millennio; Piazza degli Eroi; Budapest

Il luogo da cui è necessario partire per cercare delle risposte è la Piazza degli Eroi (in ungherese Hosok Tere) a Budapest. Luogo iconico che riassume, come pochi, la storia del paese. Al centro della piazza sorge il monumento, costituito da una snella colonna centrale e da due porticati laterali, dedicato al millennio ungherese (896-1896).

Sulla colonna centrale svetta l’arcangelo Gabriele che regge nella mano sinistra la corona di Santo Stefano e nella sinistra la croce apostolica, simboli della fede cristiana del popolo ungherese. Alla base si trovano le statue dei 7 capo-tribù magiari, considerati i fondatori della nazione ungherese. Qui si condensa l’Ungheria delle origini. Nel colonnato si trovano statue dei più grandi re ed eroi nazionali che hanno guidato il paese dalle origini fino al 1896. Si avverte forte il peso della tradizione.

Nei tre giorni di festa nazionali (15 marzo; 20 agosto; 23 ottobre) la piazza si riempie di gente. Tutti con l’immancabile coccarda tricolore. I tre giorni di celebrazioni ricordano tre momenti capitali della storia magiara. Il 15 marzo: la Rivoluzione del 1848. Il 20 agosto: Santo Stefano e la fondazione dello Stato magiaro. 23 ottobre: la rivolta antisovietica del 1956.

Le origini della nazione ungherese

Le 7 tribù magiari, guidate da Arpad, infatti, migrarono dalle steppe euroasiatiche verso la pianura pannonica ad ovest dei Carpazi, dove si stabilirono, nel 896. Questa migrazione si verificò relativamente tardi. Infatti è il più recente dei grandi spostamenti etnici che colpirono l’Europa centro-orientale nel corso dell’Alto Medioevo. I magiari non condivisero, quindi, da subito un origine etnica e linguistica con i popoli vicini, prevalentemente slavi. La lingua ungherese ha conservato la sua specificità. Si tratta, infatti, di una lingua del ceppo ugro-finnico, non indoeuropea. E mostra più similitudini con il finlandese e con l’estone che con le lingue slave.

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Mattia Corvino

Stabilizzati definitivamente dopo il 955, i magiari si convertirono al cristianesimo nel XI secolo grazie all’azione del re Stefano I. Stefano, poi canonizzato, ricevette dal papa Silvestro II la corona d’Ungheria nel 1000. Stefano è considerato il fondatore dello Stato magiaro. Nei secoli successivi il Regno si espanse fino a comprendere la Slavonia, la Dalmazia, la Transilvania, l’attuale Slovacchia e la Moravia.

Dopo la breve occupazione mongola, dal XV secolo i magiari si trovarono ad affrontare l’espansionismo ottomano. Zenit della cultura ungherese si ebbe con il coltissimo Mattia Corvino (regno 1458-1490), grande amante del Rinascimento italiano. Corvino spinse al culmine anche l’espansionismo magiaro unendo nella sua persona, oltre alla corona ungherese, anche la corona di Boemia e il titolo di duca d’Austria.

L’Ungheria asburgica

Il trentennio successivo vide il crollo della potenza magiara, culminata con la sconfitta di Mohacs (1526) contro gli ottomani. Le terre della corona di Santo Stefano furono divise tra gli Ottomani e gli Asburgo. Ferdinando I d’Asburgo fu incoronato re di Ungheria nel 1541. Iniziò, così, un lungo periodo nel quale i destini ungheresi furono legati alla monarchia austriaca.

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L’Impero Austro-Ungarico

Questo perdurò fino al 1848, anno della sollevazione nazionale anti-asburgica, guidata da Lajos Kossuth. L’Ungheria si costituì brevemente come stato indipendente, ma l’intervento russo, in appoggio agli austriaci, spezzò le speranze dei patrioti magiari.

Nel 1867 fu inaugurato un nuovo corso per la nazione magiara. Fu, infatti, deciso, dagli Asburgo, di elevare l’Ungheria a stato autonomo, sempre nel quadro dell’Impero. Nasce l’Impero Austro-Ungarico. Che evento carico di disgrazie! Questa mutamento provocò il risentimento degli slavi dell’Impero ai quali niente era stato concesso. Le tensioni etniche all’interno dell’Impero favorirono lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

“Vesszen Trianon”
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I confini ungheresi ridisegnati dal Trattato di Trianon

La Grande guerra decretò la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico. L’Ungheria entrò da sconfitta al Palazzo di Trianon a Parigi, dove furono siglati, nel 1920, gli accordi di pace. Le furono imposte condizioni pesantissime. Perse i 2/3 del proprio territorio. Milioni di ungheresi si trovarono cittadini di altre nazioni (Cecoslovacchia, Romania, Regno di Jugoslavia e Austria). Una ferita difficile da rimarginare.

Ancora oggi alle manifestazioni nazionalistiche è scandito lo slogan “Vesszen Trianon!”, cioè “Abbasso Trianon!” Trianon è diventato il simbolo del tradimento dell’Occidente e sinonimo del revanchismo magiaro, mai sopito. Un’umiliazione ancora attualissima.

Miklos Horthy, ammiraglio di una monarchia senza re
Miklos Horthy
Miklos Horthy

Il difficile dopoguerra fu teatro dello scontro tra i comunisti, di ispirazione sovietica, che instaurano brevemente una repubblica socialista, e le forze nazionaliste e conservatrici della controrivoluzione, legate all’antica nobiltà filoasburgica. Nel 1920 prevalsero quest’ultime. A guidarle fu Miklos Horthy, già ammiraglio della marina asburgica, che varò un governo autocratico e repressivo. La dittatura ungherese fu la prima, in termini cronologici, che si affacciò alla ribalta continentale. Ne seguirono, subito dopo, molte altre.

Horthy ricostituì il Regno d’Ungheria. Malgrado questo, il rinato Regno rimase una monarchia senza monarca. Horthy favorì l’irredentismo ungherese in Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia. L’isolamento diplomatico lo spinse ad avvicinarsi alle forze dell’Asse.

Analogie si possono cogliere con l’attuale situazione.

Le Croci frecciate
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Il Partito delle Croci Frecciate

Nell’autunno del 1944 i nazisti decretarono la fine della dittatura di Horthy. Al suo posto i tedeschi appoggiarono le Croci frecciate, partito di ispirazione nazista.

Ferenc Szalasi, il capo del partito, era fautore dell’ Ungarismo, una forma di nazionalismo, improntato alla xenofobia, all’antisemitismo e all’esaltazione dei caratteri magiari. Szalasi fu ispiratore del “conazionalismo”, teoria politica che prevedeva la cooperazione tra i nazionalismi. I sostenitori di Szalasi si macchiarono di efferati crimini di guerra tra i quali la deportazione degli ebrei ungheresi verso i campi di concentramento nazisti. Nel marzo del 1945 la dittatura delle Croci Frecciate fu abbattuta dalle forze sovietiche.

Il poeta Jozsef Nyiro, affiliato alle Croci Frecciate e criminale di guerra, è oggi oggetto di una rivalutazione storica che lo ha portato ad essere tra gli autori studiati nelle scuole magiare.

L’Ungheria comunista e la rivolta del 1956

Nel secondo dopoguerra l’Ungheria sperimentò una effimera parentesi democratica, stroncata nel 1948 dai sovietici. Il paese entrò nell’orbita comunista. E vi rimase, non sempre pacificamente, forte di una consistente tradizione nazionalista, fino al 1989.

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Imre Nagy

Nel 1956 scoppiarono agitazioni popolari contro il regime. Un sussulto di libertà e di orgoglio nazionale. Il primo ministro Imre Nagy, esponente dell’ala riformatrice del partito, accolse le proposte dei dimostranti quali l’introduzione del multipartitismo e l’uscita dal Patto di Varsavia. L’immediato intervento dell’Armata Rossa bloccò il processo di democratizzazione nel paese. Nagy fu processato e giustiziato nel 1958.

Nagy è oggi venerato come un eroe nazionale che, accogliendo le proposte del popolo magiaro, rifiutò le imposizioni sovietiche

Il regime comunista si esaurì nel 1989 con il crollo del blocco orientale. Furono indette libere elezioni e il paese affrontò un processo di democratizzazione. Nel 1991 l’Ungheria costituì con la Polonia e la Cecoslovacchia (oggi Repubblica Ceca e Slovacchia) il Gruppo di Visegrad per favorire la cooperazione tra i 3 (oggi 4) paesi.

E infine Orban

Il 2004 sancì l’ingresso dell’Ungheria, congiuntamente ad altri 9 stati per lo più legati dal comune passato comunista, nell’Unione Europea. L’Ungheria ha tratto profitto dall’ingresso nell’UE diventando tra i più prosperi paesi dell’ex blocco sovietico.

Si arriva, infine, alla vittoria di Orban alle elezioni politiche del 2010 e al suo operato politico di cui si è parlato precedentemente. Il leader di Fidesz unisce nella sua figura politica non solo caratteri populisti, autoritari e conservatori, ma anche elementi che sono peculiari della storia ungherese.

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Viktor Orban e Jean Claude Junker

Innanzitutto il suo non celato nazionalismo affonda le sue radici nella diversità etnica dei magiari e nella delusione, mai sopita, di Trianon. Anche la posizione del leader magiaro sull’istituzione comunitaria è particolare. Infatti è incorretto considerarlo un euroscettico, ma è più corretto definirlo eurocritico. Anche questa differenziazione ha una ragione tutta magiara.

Orban non è contrario all’istituzione comunitaria. Considera necessario ripensarla, esaltando le comuni radici cristiane e il carattere nazionale dei singoli stati membri. Non siamo lontani dal concetto di “conazionalismo” di Szalasi, che valorizzava, appunto, il nazionalismo magiaro e allo stesso tempo sosteneva l’utilità della cooperazione tra i diversi nazionalismi.

E quindi il referendum?

Lo scopo del referendum è duplice. Internamente serve a rafforzare la leadership nazionale di Fidesz con un’altra legittimazione popolare. E a livello europeo è utile a Orban per presentarsi come guida di un movimento che mira a ridefinire il carattere del progetto europeo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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