La biografia del poeta vietnamita Nguyen Chi Thien (1939-2012) è certamente sconvolgente. Tuttavia leggere i suoi componimenti, conoscendo la loro genesi, è un’ esperienza ancora più impressionante. Thien ha, infatti, trascorso, a più riprese, 27 anni in carcere, subendo torture e umiliazioni, per il suo impegno critico nel denunciare i soprusi e le violenze del regime dittatoriale comunista del suo paese. Ha conosciuto l’inferno dei viventi e ce ne ha lasciata una struggente testimonianza nei suoi componimenti.
Thien nacque ad Hanoi, all’epoca Indocina francese, nel 1939 in una famiglia relativamente povera; la madre era una piccola commerciante e il padre un ufficiale del tribunale cittadino. Ma nonostante le difficoltà economiche, il poeta ricorda, ” i miei genitori si davano molto da fare affinché noi avessimo una buona educazione”. I primi insegnanti del piccolo Nguyen furono i fratelli maggiori e in particolare la sorella Hao che gli insegnò il francese. Precocemente, cominciò ad appassionarsi alla letteratura e alla poesia.
I primi anni di vita di Thien furono il teatro, in Vietnam, di una feroce guerra tra i francesi le milizie locali. Le violenze cessarono nell’ inizio del 1945 con la vittoria dei colonizzatori europei. Fu una vittoria effimera. Nel marzo dello stesso anno i giapponesi presero il potere nel paese del Sud-est asiatico. Rapida fu la risposta delle forze alleate, in particolare dell’Urss che aiutò l’affermazione dei comunisti, guidati da Ho Chi Minh, nel nord del paese. La situazione rimase incerta fino al 1954. I francesi tentarono di rioccupare il paese, ma furono sconfitti dai comunisti. La conseguente conferenza di Ginevra sancì la divisione tra il nord comunista e il sud filo-occidentale.
La famiglia del giovane Nguyen decise di rimanere ad Hanoi, divenuta capitale del nord comunista. Molti vietnamiti del nord, invece, emigrarono verso sud. Thien scrive: ” i miei genitori scelsero di rimanere, credendo che i comunisti fossero patriottici e che la loro dottrina avrebbe aiutato i poveri”. Thien partecipò, inizialmente, con entusiasmo a questa ventata di novità, “venerando i combattenti rossi (Viet Minh) come eroi”.
Ma, continua Thien, “il mio entusiasmo folle presto svanì di fronte alla perfidia e alle violenze”. I Viet Minh iniziarono ad imprigionare e giustiziare centinaia di migliaia di oppositori (o presunti tali), mentre in tutto il paese le condizioni materiali della popolazione peggioravano. “Comparendo il regime Ho Chi Minh, la dominazione francese era un paradiso”, sostiene il poeta.
Nel 1961 Nguyen venne imprigionato per la prima volta per propaganda antigovernativa. Aveva sostenuto, questa è la motivazione dell’arresto, davanti a una classe di studenti che, durante la seconda guerra mondiale, i giapponesi fossero stati sconfitti dagli Usa e non dall’Armata rossa, come asserito, invece, dai Viet Minh. In carcere Thien iniziò a comporre componimenti antigovernativi. Il carcere di massima sicurezza, dove Thien è stato, a più riprese, imprigionato, fu indicato, sarcasticamente, dai prigionieri come “Hanoi Hilton”. Un vero albergo a 5 stelle.
Nei lunghi anni di prigionia gli furono vietati carta, penne e quaderni. “Non potevo che usare la memoria”, racconta Nguyen. “La notte scrivevo: prima consideravo il ritmo, poi cercavo le parole, le inserivo nel verso e poi memorizzavo il tutto” . E “la mattina recitavo i miei componimenti ai miei compagni di prigionia”. Continua Thien: “la mia vitalità si conservava soltanto nel comporre poesie e non si arrestava neanche quando ero in catene”.
Negli anni successivi all’arresto di Thien scoppiò la guerra di Vietnam (1964-1975), che si concluse con la vittoria del Nord contro gli Usa, alleati del Sud. Nel 1975 il Vietnam venne riunito sotto il regime comunista.
Nel 1979 Thien, in un breve periodo di libertà, scritte su carta le poesie composte negli anni del carcere, riuscì a far recapitare il manoscritto all’ Ambasciata del Regno Unito. Le poesie furono rapidamente tradotte e conosciute in Occidente. Per questo gesto gli si riaprirono le porte della prigione.
Fu, infine, liberato nel 1991. Nel 1995 Thien decise di rifugiarsi negli Stati Uniti, dove pubblicò la raccolta delle poesie degli anni di prigionia. Il titolo della raccolta è I fiori dall’inferno. Muore nel 2012 in California.
Le sue poesie, improntate all’essenzialità della parola, ci insegnano la forza della libertà che non si piega di fronte a niente. Per Nguyen Chi Thien la poesia è un mezzo per ricordarsi della propria umanità perfino nell’inferno dei viventi. Basta la memoria per farlo.
La mia poesia non è solo poesia, no,
ma è il suono di singhiozzi da una vita,
il frastuono di porte in una prigione buia,
il rantolo sprecato di due poveri polmoni,
il tonfo di terra gettato per seppellire i sogni, […]
il grido della fame da un selvaggio stomaco straziato,
la voce imponente davanti a tanti relitti.
Tutti i suoni della vita vissuta a metà,
della morte, mezzo morto, c’è poesia, no.
(Nguyen Chi Thien; da G.Greco “La Pastorale salernitana”, 2016)