Le smorfie demoniache di Franz Xaver Messerschmidt

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Franz Xaver Messerchmidt, Testa di carattere, marmo

La vicenda del grande scultore Franz Xaver Messerschmidt (1736-1783) è stata definita dallo storico dell’arte Rudolf Wittkower “il banco di prova per lo studio dei problemi relativi agli artisti e all’insanità mentale”. E sicuramente si tratta di un caso esemplare per analizzare tale aspetto. Gli studi sullo scultore costituiscono un punto d’incontro tra arte e psicologia.

La fama di Messerschmidt, uno dei maggiori scultori della sua epoca, è legata a 38 busti, le celeberrimi “teste di carattere”. Ed è veramente difficile individuare un caso simile nella storia dell’arte.

L’aspetto più sconcertante che riguarda le teste di carattere risiede nel fatto che lo scultore tedesco le eseguì contemporaneamente a opere del tutto convenzionali. Gli affascinanti (ed inquietanti) busti sono, probabilmente,  frutto di una mente malata.  Ed è quindi interessante ripercorre la vicenda biografica di Messerschmidt e presentare il saggio psicoanalitico di Ernst Kris sulle famose smorfie.

Franz Xavier Messerschmidt: gli inizi
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Autoritratto di Franz Xaver Messerschmidt

Franz Xaver Messerschmidt nacque nel 1736 a Wiesensteig, piccolo centro nelle Alpi Sveve, nel Baden-Wurttemberg, figlio di una numerosa famiglia artigiana. Trascorse la sua infanzia a Monaco di Baviera presso zii materni. Lo zio Johann Baptipt Straub (1704-1784), scultore di un certo livello, fu il primo maestro del giovane Franz Xaver. Nella città bavarese Messerschmidt compì i primi studi artistici dimostrando un notevole talento.

All’età di 16 anni iniziò, quindi, a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Vienna.  Le sue qualità, dimostrate nella scultura, non passarono inosservate nel sofisticato ambiente viennese. Precocemente, fioccarono le commissioni imperiali e dell’alta nobiltà imperiale. Lavorò per l’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo e per il marito Francesco I d’Asburgo-Lorena.

Nel 1765 visitò Roma, la communis patria degli artisti. Continuò il suo studio a Parigi e a Londra. Ritornato a Vienna, ottenne nel 1769 la carica d’insegnante all’Accademia viennese. Sembrava questo l’inizio di una brillante carriera accademica. Ma non fu così.

Franz Xaver Messerschmidt Maria Teresa d'Asburgo; Lo scultore alternava le teste di carattere a una produzione palstica "normale"
Franz Xaver Messerschmidt Maria Teresa d’Asburgo; Lo scultore alternava alle teste di carattere una produzione plastica “normale”

Nel 1774 gli fu negata la nomina a professore sempre all’Accademia delle Belle Arti. Questa è la motivazione di tale diniego: “Quest’uomo”, a parlare è il primo ministro austriaco Kaunitz, “ha sofferto, sia per la povertà o per una predisposizione naturale, per tre anni di una certa confusione di mente, che sebbene adesso sia attenuata, permettendogli di lavorare come prima, pur si manifesta di quando in quando in immaginazioni non del tutto normale.” Tale documento è la prima testimonianza in cui si fa menzione che lo scultore soffriva di disturbi mentali. Kaunitz offrì a Messerschmidt una pensione che, però, l’artista, molto offeso, rifiutò.

Messerschmidt a Bratislava: “le teste di carattere”

Nel 1774 lo scultore lasciò irritato Vienna. Si rifugiò, quindi, nella nativa Germania. Dimorò a Monaco di Baviera per un paio d’anni.

Nel 1777 si trasferì presso il fratello nella capitale del Regno d’Ungheria: Bratislava. La città dai molteplici nome la tedesca Pressburg, l’ungherese Pozsony e la slovacca Prespork. Dal 1919 è conosciuta come Bratislava.

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Franz Xaver Messerschmidt Testa di carattere; alabastro

A Bratislava la presenza di Messerschmidt, lo scultore che aveva lavorato alla corte imperiale, non passò inosservata. Molti visitatori, giunti in città, cercarono di mettersi in contatto lo scultore. Ma senza successo. Messerchmidt viveva un’esistenza eremitica. Nel periodo di Bratislava si concentrano il maggior numero di teste di carattere.

Uno squarcio sull’opera e sulla mente dello scultore ce lo ha lasciato lo scrittore tedesco Friedrich Nicolai (1733-1811) uno dei pochi fortunati che ebbe la possibilità di incontrare l’artista.

L’incontro di Nicolai con Messerschmidt

Chiuso nel suo solitario ritiro di Bratislava lo scultore, nel 1781 lo scultore ricevette la visita di Nicolai. Lo scrittore ha riportare in una sua opera, Descrizione del viaggio in Germania e in Svizzera, il resoconto dell’incontro.

Scrive Nicolai: “lo trovai nella sua casetta presso il Danubio, nel sobborgo di Zuckermandl, fisicamente robusto e di buon umore[…] e presto tra di noi si stabilì una certa familiarità.”

“L’artista”, continua lo scrittore, “era un uomo di fervide passioni, ma aveva una grande passione di solitudine. […] Viveva per sua arte; in tutte le cose che non avevano rapporto con essa era molto ignorante, sebbene capace e desiderosissimo di apprendere. A Vienna si era imbattuto in persone che vantavano cognizioni segrete, contatti con spiriti invisibili e poteri soprannaturali.”

Messerschmidt, a quanto riporta Nicolai, credeva nell’esistenza degli spiriti, attribuendo la capacità alla sua castità, in quanto solo le persone pure possono vedere l’invisibile.  Gli spiriti erano particolarmente insolenti e infastidivano continuamente lo scultore. Il più molesto era lo spirito delle proporzioni che di notte lo svegliava, lo spaventava e lo tormentava.

Il motivo di questo astio del demone era che Messerschmidt aveva elaborato un geniale, a parte dell’artista, teoria della proporzione svelando alcuni segreti inconfessabili. L’intricatissima teoria si basava sull’Hermes egiziano. L’artista sosteneva che tra le parti del corpo esistevano misteriose relazioni. Lo spirito geloso delle scoperte dell’artista gli infliggeva anche dolori in varie parti del corpo e lo sottoponeva al suo dispettoso potere. Ma cosa fare per contrastare le angherie dello spirito? Messerschmidt escogitò un strano metodo.

Il rimedio alla gelosia del demone era quello di pizzicarsi nel costato e fare delle smorfie davanti a uno specchio. Dalla persecuzione demoniaca nascono così le teste di carattere. Scrive Nicolai: “Soddisfatto di questo rimedio, Messerschmidt si risolse di rappresentare le proporzioni delle sue smorfie a beneficio della posterità. Secondo l’artista v’erano 64 varietà di smorfie”: Lo scrittore ebbe la possibilità di seguire l’esecuzione di un busto. “Ogni mezzo minuto si guardava allo specchio e con la massima precisione faceva la smorfia che gli occorreva”.

Le teste di carattere
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Franz Xaver Messerschmidt, Testa di carattere, piombo

Un antecedente ai busti di Messerschmidt si può individuare nelle due “teste di carattere” scolpite da Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) nel 1619 per il cardinal Foix de Montoya. I busti rappresentano l’Anima Beata e l’Anima Dannata. La vicinanza è individuabile soltanto nella ricerca degli “affetti”. Molto differente è la genesi. Il fine dell’artista italiano era lo studio dei caratteri umani e delle passioni.

La famosa serie fu cominciata da Messerschmidt intorno al 1770. Dodici sono le teste eseguite prima del 1777. Le restanti 57 furono scolpite tra il 1777 e 1783 a Bratislava. Alla sua morte nel 1783 lo scultore lasciò 69 busti. Oggi se ne conservano 38. La maggioranza dei busti furono eseguiti in piombo, pochi sono in marmo e alabatro e soltanto uno in legno. L’aspetto sconvolgente è che le opere sono contemporanee a importanti lavori “normali”. I busti hanno un modello comune, vale a dire l’artista stesso. Infatti, la fisionomia dell’effigiato resta sempre costante.

La qualità artistica dei busti non è costante. Alcuni non superano i limiti di una semplice registrazione di una deformazione espressiva. Altri toccano dei vertici di qualità. I titoli delle opere non sono originali. E hanno puramente un valore descrittivo.

I contemporanei di Messerschmidt furono molto incuriositi dalle singolari sculture. Non tanto per il valore artistico quanto per la bizzarria artistica. I busti furono esposti quali oggetti curiosi in una baracca del Prater, famoso e popolarissimo parco di Vienna.

I critici erano particolarmente imbarazzati dalle espressioni facciali dei busti di Messerschmidt. Si chiedevano quale fosse l’origine e il significato. Nell’Ottocento le teste furono messe in relazione con le teorie del medico tedesco Franz Anton Mesmer (1734-1815), contemporaneo dell’artista. Mesmer sosteneva che l’uomo fosse governato da forze magnetiche. Le contorsioni facciali dei busti sarebbero, secondo questa ipotesi, frutto dell’interesse dell’artista per le forze magnetiche. Non esistono, però, evidenze che giustificano questa interpretazione.

Franz Xaver Messerschmidt Testa di carattere, piombo
Franz Xaver Messerschmidt Testa di carattere, piombo

Un attenta lettura delle opere di Messerschmidt fu eseguita da Ernst Kris, storico dell’arte e psicoanalista, nel 1932. Il punto di partenza dello studio era il resoconto di Nicolai.

Messerschmidt come paziente: lo studio di Kris

Ernst Kris (1900-1957), viennese, fu sia storico dell’arte che psicoanalista. Insegnò all’istituto psicoanalitico di Vienna e fu in contatto con il grande Sigmund Freud (1856-1939). Nel 1932 pubblicò sulla rivista Imago l’articolo Ein geisteskranker Bildhauer (“uno scultore malato di mente”). Si tratta di un saggio ancora centrale nello studio dell’opera di Messerschmidt. Kris affronta il tema sia da un lato storico artistico che medico. Si tratta comunque di uno studio non condiviso da tutta la comunità scientifica. Le conclusioni di Kris, basate su una fonte di 200 anni anteriore, sono congetturali.

Kris loda lo scultore per le sue qualità artistiche definendolo “un artista di non comune qualità”. Da un punto vista psicoanalitico lo definisce, invece, un malato di mente. Questa è l’esatta diagnosi di Kris:”siamo di fronte effettivamente a una psicosi con predominanti tendenze paranoidi, che rientra nel quadro generale di schizofrenia.” E individua nei busti i sintomi del “delirio paranoico”.

Per lo psicanalista viennese i busti costituiscono “un processo di autoguarigione”. Seguendo il procedimento artistico, descritto al Nicolai, l’artista si libera della presenza del demone, grazie alla realizzazione dell’opera. E quindi le sculture rappresentano la materializzazione di un altro da sé che viene imprigionato nell’opera. L’artista rende tangibile i propri impulsi subconsci. Il busto è un esorcismo contro il male che affligge l’artista.

Rilevante nello saggio di Kris è l’analisi dell’ossessione sessuale e della castità di Messerschmidt. La castità è, secondo quanto afferma lo scultore stesso, la causa delle sue visioni demoniache. Il demone della proporzione, secondo il resoconto di Nicolai, era solito provocare forti dolori nel basso ventre all’artista. Questo avveniva prevalentemente mentre l’artista scolpiva il volto del busto. Esiste, quindi, in Messerschmidt una forte relazione tra impulso sessuale e produzione artistica.

Allo stesso modo, come nota Kris, Messerschmidt tende a scolpire le labbra serrate e ritratte quale rifiuto dell’intimità. Per lo psicoanalista i muscoli attorno alla bocca rappresenterebbero in Messerschmidt “una cintura di castità”. Su questa specifica tematica Kris si è basato essenzialmente sulle famosissime teste a becco.

Le teste a becco
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Franz Xaver Messerschmidt, Testa di becco

Le due teste a becco sono le più enigmatiche tra i busti dell’artista. Nicolai dichiara che lo scultore aveva un rapporto del tutto particolare con queste. Ne era molto angosciato e le teneva separate dalle altre. “Le guardava per pochi momenti soltanto, con occhi fissi. Disse che lo spirito lo aveva pizzicato e lui a sua a volta lo aveva pizzicato.” E poi non aggiunse altro. A quanto sostiene Nicolai sono immagini dello spirito della proporzione. Nelle labbra così dilatate in avanti Kris ha individuato un altro motivo dell’ossessione sessuale di Messerschmidt.

L’opera di Messerschmidt è affascinante poiché solleva degli interrogativi scomodi e insoluti sul rapporto tra opera d’arte e creatore, sulla relazione tra disturbi psicologici e produzione artistica e sulla validità dell’applicazione dei principi teorici della psicoanalisi a un contesto artistico. Un elemento certo è, invece, il fatto che l’arte costituisca uno strumento di cura. Oggi come 300 anni fa.

 

 

 

 

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