Roman Opalka: l’artista che dipinse il tempo

“Il fondamento del mio lavoro, al quale ho dedicato la mia vita, è la registrazione di una progressione che documenta il tempo e la sua definizione […]; ho dipinto i numeri partendo dall’uno verso l’infinito”. Roman Opalka dipinse meticolosamente dal 1965 al 2011, su tela, lo scorrere del tempo, simbolizzato nella successione numerica. L’artista cercò di materializzare l’immaterialità fuggevole del tempo che sempre ci accompagna e che sempre ci condiziona. Ci ha lasciato una delle opere più profonde e universali del XX secolo.

Roman Opalka nacque nel 1931 ad Abbaville-Saint-Lucien, in Francia, da genitori polacchi. Trascorse l’infanzia in Polonia vivendo in prima persona gli orrori della guerra. La famiglia Opalka, infatti, fu deportata in Germania nel 1939. Lì rimase, in condizioni di vita precarie, fino al 1945, a guerra finita, quando fu liberata dagli americani. Negli anni successivi al 1945, il giovane Roman cominciò a studiare litografia alla Scuola di Arte e Design di Lodz. Completò i suoi studi artistici a Varsavia presso la locale Accademia di Belle Arti.

Detail di Roman Opalka
Detail

I primi lavori di Opalka, una serie di monocromi bianchi, rientrano nelle tendenze riduzionistiche, derivanti dall’ esperienza dei minimalisti americani, che coinvolsero numerosi artisti europei, con accenti e valori diversi, quali Piero Manzoni, Yves Klein, Francesco Lo Savio e altri. L’apice di questo particolare momento artistico è la mostra, curata da Udo Kultermann, organizzata presso lo Stadtisches Museum di Leverkusen, Monochrome Malerei (1960).

Lo spartiacque nella sua carriera artistica è il 1965. In questa data Opalka inaugura la sua opera più famosa: Opalka, 1965/1infinito. Nel suo studio di Varsavia il pittore cominciò a dipingere in bianco, su una tela completamente nera, la progressione numerica partendo da uno. Non dallo zero, considerato dal pittore come “fuori dalla tela”, ma, come detto, dall’ uno, che è, invece, “l’elemento alla base di un tutto”.

La tela ha le dimensioni della porta dello studio dell’artista a Varsavia (196x135cm). Questa misura, sostiene Opalka, ha “un rapporto antropometrico con il disegno di Leonardo da Vinci che raffigura un uomo con le braccia aperte”. Per tutta la serie la misura del supporto resterà identica.

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Autoritratti

In ogni singola tela della serie, Détail, Opalka dipinge, partendo dal bordo a sinistra in alto, i numeri, in ordine progressivo, riempendo tutta la superficie della tela. Si tratta di un notevole esercizio calligrafico. Nel 1972 “dopo aver dipinto il primo milione, presi la decisione di schiarire progressivamente dell’1% il nero del fondo”. Nello stesso anno Opalka iniziò a registrare la sua voce che scandiva, in polacco, la successione numerica, corrispondente a quella che stava dipingendo. A ogni Détail, infine, abbinò un autoritratto fotografico in bianco e nero, scattato lo stesso giorno in cui concludeva una tela della serie. Nelle fotografie Opalka mantiene fissi alcuni elementi (espressione, distanza da obiettivo, sfondo e camicia) per far emergere le trasformazioni “scultoree” sul suo volto che sono causate del scorrere del tempo, vero soggetto anche di questa serie.

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Détail bianco

Con il progressivo schiarimento dello sfondo Opalka arrivò allo sfondo grigio e poi al bianco totale. Dal 2008, ricorda il pittore, “ho dipinto in bianco su uno sfondo bianco”.

Focale in tutta questa ricerca è il tema della morte. La serie è: “un memento mori costante, il finito definito dal non finito; devo sempre pensare alla mia morte, la morte è la percezione del finito”.  La serie, infatti, si concluse soltanto con la morte del pittore, avvenuta a Chieti nel 2011. Il pittore polacco ha superato, in 233 Détails, i 5 milioni e mezzo di numeri. Esattamente 5 607 249.

L’esperienza di Opalka è assimilabile all’arte concettuale, ricerca artistica che privilegia il contenuto sulle qualità formale dell’opera. Opalka tentò di rendere visibile un elemento astratto che è, tuttavia, centrale nella nostra esistenza. Misurare lo scorrere del tempo per ricordarsi di viverlo, prima dell’arrivo della “percezione del finito”, cioè della morte.

Per approfondire da leggere l’intervista a Roman Opalka su Flash Art n° 294 Giugno 2011. Interessante il sito personale dell’artista.

 

 

 

 

 

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