Il colore orange delle carote

Sicuramente nell’immaginario collettivo la carota non è associata all’Olanda (meglio ai Paesi Bassi). Ma forse, il colore arancione dell’ortaggio poteva aiutarci a porre in relazione le carote e il paese dei tulipani.

Il colore arancione è infatti intimamente legato ai Paesi Bassi. Ed anzi è il colore che ha creato l’identità della nazione nederlandese. Orange è il nome della famiglia che ha guidato l’emancipazione nazionale del paese e il colore ad essa collegata non poteva che essere l’arancione. Infatti Oranje in olandese significa arancione.

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La nazionale dei Paesi Bassi in una foto recente

Guglielmo il Taciturno d’Orange-Nassau, il pater patriae, che fu stadhouder (luogotenente) di Olanda, Zelanda e Utrecht, scatenò la guerra contro i dominatori spagnoli. La casata Orange ha, dall’allora, egemonizzato la vita politica del paese. E lo continua a farlo, in forma diversa, anche oggi. Basta avere per le mani un euro olandese per ritrovarsi faccia a faccia con l’ultimo rampollo Oranje: il re dei Paesi Bassi Willhem Alexander. Allo stesso modo l’arancione è il colore nazionale. Basti pensare alle (magnifiche) divise orange della nazionale di calcio.

Ma cosa c’entra l’arancione degli Orange dei Paesi Bassi con il colore della carota?  Quest’ultimo è, probabilmente, frutto di una scelta cromatica, decisa dagli scienziati olandesi del XVIII secolo, per omaggiare, in una maniera veramente singolare, la gloria della casata Orange.

Guglielmo I d’Orange-Nassau, il padre della patria olandese
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Guglielmo I d’Orange-Nassau

Guglielmo, è, come detto, la figura più importante nella storia olandese. Nacque in Germania nel 1533, rampollo della casata di Nassau. Per via ereditaria acquisì il titolo di principe dell’Orange e ampli possedimenti nelle ricche provincie fiamminghe.

Nel 1544 il cugino di Guglielmo Renato di Chalon, principe d’Orange morì senza eredi. Il giovane Guglielmo, il suo parente più prossimo, ottenne, quindi, il titolo di principe d’Orange e la giurisdizione sulla città da cui l’onorificenza trae origine. Orange è, infatti, una piccola città della Francia del sud, che dette il proprio nome (e il colore) alla casata degli Orange-Nassau. La città fu un possedimento olandese (e avamposto protestante nella Francia cattolica) fino al Settecento.

Le 17 province dei Paesi Bassi rientravano, invece, nei domini della Casa d’Asburgo. Carlo d’Asburgo (1555-1558) si era trovato, già in giovane età, grazie ad un’abile politica matrimoniale perpetuata dai suoi progenitori, padrone della corona spagnola e dei suoi territori italiani a degli illimitati territori americani, del titolo di duca d’Austria e dei suoi possedimenti, del titolo di duca di Borgogna, della stessa regione francese, della Franca Contea e, appunto delle 17 province fiamminghe. A questo florilegio di titoli e domini va aggiunta la carica di Imperatore del Sacro Romano Impero, ottenuta nel 1520, con tutti gli onori e degli oneri di difensor fidei. Stiamo parlando non a caso dell’uomo sul cui impero non tramonta mai il sole: Carlo V d’Asburgo.

All’abdicazione di Carlo (1556), i suoi possedimenti furono spartiti tra il fratello minore Ferdinando (casa d’Austria e titolo Imperiale) e il figlio Filippo II. A Filippo II andò la corona di Spagna, con i suoi vastissimi territori extraeuropei, i domini italiani e le Fiandre.

Le Fiandre avevano vissuto di un lungo periodo di prosperità, assumendo nel corso del primo ‘500 il ruolo di leadership nei commerci e nell’economia continentale, grazie alle enorme ricchezze che si riversarono sui porti fiamminghi provenienti dal Nuovo Mondo. Questa è l’epoca d’oro di Anversa e del suo porto commerciale, centro primordiale di un commercio globalizzato.

Tutto questo non era destinato a durare. Alla pace si sostituì la guerra. Seguì un repentino spostamento del baricentro economico, commerciale e culturale. Da Anversa ad Amsterdam. A questa trasformazione contribuirono vari fattori, ma certamente cruciale fu il ruolo giocato da Guglielmo d’Orange.

La guerra per l’indipendenza della Repubblica delle Sette Province Unite e la nascita del mito Oranje

Nel 1561 scoppiò la ribellione delle Provincie del Nord. La reggente Margherita d’Asburgo, figlia naturale di Carlo V, non riuscì a sedare in tempo gli attacchi dei Guezen, i pezzenti, come si autodefinivano i rivoltosi. Nelle richieste dei Guezen si assommavano istanze religiose (gli olandesi erano calvinisti e Filippo II cattolico) e politiche.

Gli spagnoli non presero immediata posizione lasciando, così, che si fomentasse il sentimento indipendentista. Nel 1567 il duca d’Alba tentò con la violenza di reprimere nel sangue la rivolta. Ma, invano, poiché al fianco della ribellione scese Guglielmo d’Orange.

Guglielmo guidò la guerra antispagnola. Impresse una decisa svolta verso l’indipendenza conducendo i passi che portarono alla sua realizzazione. Nel 1579 fu firmato il trattato d’Utrecht tra le province che non riconoscevano più il regno di Filippo II. Sette erano le province: Olanda, Zelanda, Utrecht, Groningen, Overijssel, Gheldria e Frisia. Seguì l’atto d’abiura (1581) che poneva de facto fine al dominio spagnolo nelle province ribelle. Nacque la Repubblica delle Sette Province Unite.

Il regista di questa trasformazione fu Guglielmo I. Purtroppo, il pater patriae non sopravvisse abbastanza per vedere il complimento della trasformazione istituzionale. Fu ucciso da un fanatico cattolico nel 1584. Fu sepolto nella Chiesa Nuova di Delft, che d’allora divenne il pantheon degli Orange.

Guglielmo tracciò il futuro della neonata repubblica ponendola sotto la protezione della sua famiglia. E l’arancione degli Orange non mancò di brillare grazie alla gloria olandese.

Il Seicento Olandese

Il Seicento segnò l’apogeo della storia nederlandese. Fu uno dei momenti più rilevanti della storia europea e si può solo sminuirlo nel riassumerlo in poche frasi.

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Anthony van Dyck  Ritratto di Federico Enrico d’Orange-Nassau.  Federico era il figlio di Guglielmo I. Con la sua guida la Repubblica raggiunse l’apogeo. Da notare nel quadro la prevalenza dell’arancione degli Orange.

La Repubblica, anche a causa della crisi spagnola, si elevò a potenza continentale (e non solo). Le tolleranti province divennero il centro europeo della cultura e delle scienze, luogo d’aggregazione di liberi pensatori e di idee nuove. L’epoca d’oro olandese (1625-1675) fu segnata da grandi personalità come Anthoni Van Leeuwenhoek, inventore del microscopio, il medico Nicolaes Tulp, i pittori Rembrandt e Jan Vermeer, il pedagogista Comenio, i filosofi Baruch Spinoza e Pierre Bayle e altri.

Alla ricchezza delle arti e delle scienze si deve unire il predominio commerciale e mercantile. Fondamentale per l’affermazione della Repubblica fu l’etica calvinista votata alla dedizione totale al lavoro e al rifiuto del lusso. Amsterdam, capitale della provincia più importante Olanda, divenne uno dei centri economici tra i più importanti al mondo. I commerci olandesi si espansero in tutto il mondo grazie all’azione della Compagnia olandese delle Indie Orientali e della Compagnia delle Indie Occidentali. Le compagnie fondarono l’Impero coloniale olandese che comprendeva terre sterminate, ricche di materie prime. L’Indonesia, il Sudafrica (la Colonia del Capo), il Suriname e il Brasile, seppur brevemente, furono colonie della Repubblica. Le ricchezze accumulate nell’Impero furono cruciali per determinare lo splendore, quasi abbagliante, dell’Olanda del Seicento.

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Nave olandese con la bandiera del principe, Prinsenvlag

Le navi delle compagne solcavano i mari con la bandiera del Principe, Prinsenvlag, contribuendo alle fortune della Repubblica e alla propagazione del colore arancione.

La bandiera del Principe

La Prinsenvlag, la bandiera del Principe, è il vessillo scelto dai ribelli quale propria bandiera. Ha accompagnato la storia dei Paesi Bassi sin dal scoppio della rivolta dei Geuzen. L’origine, anche in questo caso, proviene dalla famiglia Orange e dal grande pater patriae Guglielmo I. Deriva dallo stemma del Taciturno: il blu dei Nassau, il bianco e l’arancione degli Orange.

L’arancione, il colore più rappresentativo della Prinsenvlag, è stato gradualmente sostituito dal rosso, che  oggi campeggia nella bandiera dei Paesi Bassi. Che destino beffardo! Tuttavia questo cambio non ha condannato l’arancione Oranje all’oblio.

L’arancione degli Orange: Irlanda, Sudafrica e New York

L’arancione Oranje è ancora presente in altri vessilli.

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Bandiera di New York City

La bandiera della città di New York è una diretta emanazione della Prinsenvlag. New York fu fondata, con il nome di Nieuw Amsterdam, nel 1625 dalla Compagnia olandese delle Indie Occidentali. Nel 1664 la città passò sotto il dominio inglese e fu ribattezzata New York. L’eredità olandese (e la gloria dell’arancione) si è conservata nel vessillo cittadino.

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La bandiera della Repubblica d’Irlanda

Allo stesso modo la ex-bandiera del Sudafrica, in vigore fino al 1994, deriva dalla bandiera della Repubblica delle Provincie Unite.

Il caso irlandese

Caso a parte, non derivante dall’esperienza coloniale, è la bandiera nazionale della Repubblica d’Irlanda. Il tricolore irlandese ha avuto come modello quello francese, figlio della Rivoluzione del 1789. Le autrici dell’Irish Tricolour furono alcune sarte francesi che simpatizzavano per la causa indipendentista irlandese. Nel 1848 ne fecero dono a Thomas Francis Meagher, patriota irlandese.

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Guglielmo III d’Orange-Nassau

L’obiettivo delle sagge donne era quello di unificare le due anime irlandesi: cattolica e protestante. Il verde rappresenta la radice cattolica e gaelica dell’isola di smeraldo, il bianco la neutralità e l’arancione la parte protestante. L’origine dell’arancione è, anche in questo caso, olandese e il merito è di Guglielmo III d’Orange, re d’ Inghilterra.

Guglielmo III d’Orange (1650-1702), stadhouder delle Province unite, come il progenitore Guglielmo il Taciturno, ascese al trono inglese nel 1689 per via matrimoniale in quanto la moglie Maria Stuart era la figlia del re inglese Carlo I Stuart. Tuttavia la successione non fu pacifica e proprio l’Irlanda fu il teatro di un violento scontro bellico.

Guglielmo era contrastato dal suo predecessore sul trono inglese: Giacomo II Stuart. Giacomo II, fratello di Maria, regnò in Inghilterra tra il 1685 e il 1688. Nel 1689 Giacomo II fu spodestato in quanto cattolico proprio da Guglielmo III. Nella cattolicissima Irlanda il re deposto organizzò una resistenza armata. La risposta di Guglielmo non si fece attendere. La battaglia di Boyne (1690) segnò, infine, la sconfitta dell’isola e di Giacomo II. La vittoria di Guglielmo III segnò la prevalenza dell’arancione protestante sul verde cattolico.

Grazie a questo complesso gioco politico l’oranje entrò nella bandiera irlandese. L’invasione dell’arancione degli Orange non si fermò soltanto alla storia, ma coinvolse anche la botanica e poi le nostre tavole.

La carota oranje

Il colore arancione delle carote ha un origine politica. La natura aveva assegnato, infatti, una diversa tonalità all’ortaggio che variava dal giallo al viola e perfino al bianco! Ancora oggi esistono carote gialle, bianche, violacee e rosse. Ovviamente il colore per eccellenza è l’arancione o meglio l’orange.

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Pieter Aersten Scena di Mercato (1567) Nel dipinto sono presenti delle carote bianche

 

La svolta cromatica avviene nel Settecento in Olanda quando alcuni scienziati decisero di cambiare chimicamente il colore in arancione per omaggiare la casa degli Orange-Nassau. Il cambio del colore rese il gusto della carota più gradevole. Immediato fu il successo tra gli agricoltori nederlandesi. La carota arancione si diffuse, quindi, a livello globale. C’è chi, però, non condivide questa versione sull’origine del colore dell’ortaggio.

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L’ortolano (1587-1590); Cremona, musei civici

Riscontri di una recente (e quindi indotta) origine della carota arancione si trovano  in alcuni quadri anteriori alla presunta svolta cromatica. Ad esempio nei dipinti di Pieter Aersten (1508-1575), Frans Snyders (1579-1667) e Nicolaes Maes (1634-1693) dove la carota è bianca e gialla. Non potevano mancare le carote nell’opera dell’artista che più di tutti ha dipinto gli ortaggi facendoli diventare anche umani: Giuseppe Arcimboldo (1527-1593). Le carote, anche in questo caso, non sono arancioni, bensì bianche, come nel dipinto di Cremona e rosse come nel caso del celeberrimo Vertumno (1591) di Stoccolma.

 

 

 

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